L'ECOSISTEMA COME RETE RELAZIONALE. IL FUTURO DI DARWIN

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di Giulio Sapori
 
Questo volume raccoglie i contributi elaborati per la terza sessione delle Baxter Lectures, tenutasi all'Università di Pisa nel novembre del 2008, dedicate al pensiero Darwin. Non sono studi su Darwin, ma ‘a partire’ da Darwin su quelle entità, ancora ampiamente da studiare con sguardo darwiniano, che interessano la nostra comprensione riguardo al ‘chi siamo’, 'dove siamo' e, soprattutto, ‘dove andiamo’.

Dopo le entità di Individuo e Specie, trattate nelle Lectures degli anni passati, si è scelto di indagare l’Ecosistema, ovvero la materia vivente come organizz-azione sistemica.

Darwin non si può dire sia stato un ecologo: ma, come mostra il saggio di Guido Chiesura presente nel libro, si è considerato per tutta la vita un geologo. O, comunque, un naturalista. L’interesse di queste ‘Lezioni’ è, non tanto storico, cioè un voler proporre l'immagine di un Darwin ecologo ante-litteram, quanto epistemico: ovvero, cercare di riattivare quella postura osservativa e mentale propria del pensiero darwiniano. L’interesse è, infatti, per il futuro, come indicato in copertina, non per il passato. Appoggiarsi sulle sue spalle per vedere orizzonti ulteriori.

Nel primo capitolo, Daniel Nettle ci introduce all’ecologia culturale, che indaga gli influssi e le interazioni tra ambiente non-umano e culture umane. Un ambito di studi spesso osteggiato poiché considerato da molti studiosi troppo determinista. In realtà, come cerca di spiegare l’Autore, è un sapere che ha criticato l’approccio troppo adattativo, a favore di un’indagine transdisciplinare, interessata a come le culture dei gruppi umani siano collegate all'ambiente non-umano, e come certe caratteristiche culturali siano legate all'ambiente locale.
Per fare un esempio: meno malattie infettive ci sono, maggiore è la libertà individualistica (di scambio) all’interno della società: la tolleranza aumenta alla diminuzione delle malattie infettive.

Il secondo saggio, scritto da Manuela Giovannetti, a mio parere quello di maggiore interesse della raccolta, indaga le interazioni mutualistiche e cooperative tra organismi diversi: sono proprio queste la base del funzionamento degli ecosistemi. La consapevolezza di questo “ha contribuito alla nascita di un nuovo modo di considerare il mondo della natura, non più rappresentato da singoli individui ma da reti di relazioni e scambi reciproci, non solo nutrizionali (food webs), ma anche informazionali (information networks)” (p. 19).
Una complessità, cioè un ‘insieme intrecciato’ (lat. complector), che richiede un pensiero analogo, più umile, che cerca di comprendere quella com-prensione di cui è parte.

Nell’introduzione all’Origine delle specie Darwin dà un’immagine di questo ‘insieme intrecciato’:  “È interessante contemplare una rigogliosa ripa fluviale, coperta di molte piante appartenenti a molti tipi, con gli uccelli che cantano tra i cespugli, i diversi insetti che svolazzano intorno e con i vermi che strisciano nel terreno umido, e riflettere che queste forme dalla struttura così complessa, tanto differenti le une dalle altre e dipendenti le une dalle altre in modo talmente complesso, sono state tutte prodotte dalle leggi che operano attorno a noi”.
Lo scienziato che fornì le evidenze scientifiche a favore di una visione unitaria del mondo naturale, non fu tanto Darwin, ma il russo Vladimir Ivanovič Vernadskij (1863-1945). Fu lui il primo a concepire l’idea degli ecosistemi come flusso continuo di materia ed energia, in cui viene a cadere la stessa distinzione assoluta tra vivente e non vivente (teoria dei cicli biogeochimici). Definì la biosfera come sistema complesso in cui tutti gli organismi viventi sono interconnessi. Distinse la materia vivente in due ordini: quella che introduce l’energia del Sole nella biosfera (piante e batteri) e quella che si nutre di questa energia imprigionata.
Anche in Darwin, comunque, osserviamo la problematizzazione della distinzione tra vivente e non vivente, soprattutto nella sua opera sui lombrichi, importantissimi per i cicli della materia ed energia: cosa sarebbe la terra senza di loro?
La visione unitaria di Vernadskij e Darwin venne confermata da Albert Szent-Györgyi, nello studio sulle reazioni biochimiche legate alla cattura dell’energia da parte di organismi viventi. 


Meglio di Darwin, noi abbiamo la possibilità di indagare l'affollatissimo microcosmo che ci circonda. Infatti, in tutto questo flusso di materia ed energia, di viventi e non-viventi, i microrganismi presenti nel terreno, miliardi in ogni grammo di suolo, svolgono un’azione importantissima, decomponendo e trasformando la materia organica in elementi inorganici solubili, riutilizzabili da parte delle piante.
Non pensiamo però che questi minucoli esseri siano solo all'esterno: il microbioma intestinale è un esempio di quanto siano importanti i microrganismi anche per il 'nostro' corpo: “noi esseri umani siamo dei superorganismi il cui metabolismo è una mescolanza di attributi umani e microbici” (p. 29). Questo è un esempio, tra gli altri, di simbiosi, cioè relazione di mutuo beneficio tra organismi: un tipo di relazione fondamentale per la vita, anche se ancora poco indagata e studiata (ci piace più la ‘lotta per la vita’!).
Proprio per questo motivo sono di grande interesse le micorrize, associazioni simbiotiche tra funghi e piante, strette in un rapporto fisiologico, ecologico e riproduttivo.
“I funghi micorrizici sono tra gli organismi del suolo che più influenzano la struttura e il funzionamento di tutti gli organismi che vivono sopra il suolo” (p. 31), eppure quanti ne conoscono l’esistenza? Queste associazioni simbiotiche formano un vero ‘wood wide web’, Una rete che, tra l’altro, è dotata “anche di attività cognitiva, in quanto in grado di apprendere, ricordare e riconoscere il diverso da sé” (p. 34).

Il capitolo terzo, scritto da Guido Chiesura, è più storico, e ricollega il naturalista britannico alla geologia. Come scrive Niels Eldredge, nel libro Darwin. Alla scoperta dell’albero della vita (Codice edizioni, p. 75), “In tutta la sua vita, Darwin si considerò innanzitutto un geologo”. E probabilmente fu proprio la forma mentis da geologo, non inficiata da finalismi e personificazioni della Natura, a giocare un ruolo di primo piano per la nascita della sua teoria.

L’ultimo capitolo è un saggio di Marcello Buiatti su l’evoluzione delle reti viventi. Anche questa è una 'Lezione' interessantissima.
Darwin, più che scienziato, è un naturalista: trae i materiali dall’osservazione e li sintetizza. Questo modus operandi lo rende protetto da dogmatismi, infatti una modifica nel campo osservativo lo porta ad un cambio di idee. Da alcuni suoi scritti possiamo dedurre che avesse intuito la complessità degli esseri viventi, il loro costruirsi in “reti di elementi collegati in modo dinamico fra di loro, reti i cui componenti ‘co-evolvono’ armonicamente e cambiano quindi in modo ‘concertato’” (p. 59). Per dirla con il Darwin de L’Origine delle specie: “l’organizzazione intera è tanto legata nelle sue parti durante il suo sviluppo ed il suo accrescimento, che quando vengono piccole variazioni in una parte, e siano accumulate per mezzo della selezione naturale, le altre parti tendono pure a modificarsi”. Oltre la variazione correlata, causale, tra le componenti di un sistema, sembra intuire la complessità ecosistemica, in cui si verificano variazioni non additive tra organismi diversi. Riprendendo la frase tratta dall’Origine delle specie: “È interessante contemplare un’area intricata coperta di molte piante di molti tipi diversi, con uccelli che cantano nelle forre, con vari insetti che vi svolazzano sopra e con vermi che strisciano nella terra umida, e riflettere che queste forme dalla costruzione elaborata , così diverse le une dalle altre in modo così complesso, sono state prodotte da leggi che agiscono intorno a noi”.

Il sistema vivente, come mostra questa scena, è una connessione di componenti attive: ogni organismo è dipendente dagli altri (verità oscurata per molto tempo a causa della visione individualistica e macchinica del vivente). Sistema significa che non è soltanto l’ambiente che seleziona e modifica attivamente gli organismi: anche gli organismi selezionano e modificano gli ambienti (come i lombrichi indagati appassionatamente da Darwin).
La vita, quindi, si può dire sia una grande rete, organizzata in una gerarchia di livelli (dal cellulare al biosferico). Ogni rete è strutturata a moduli, ognuno con un nodo principale, legato a molti altri nodi secondari. I nodi principali sono legati tra loro, costituendo la rete complessiva (che a sua volta può essere un modulo legato ad altri). Questa strutturazione permette una comunicazione rapida tra componenti.
Caratteristiche importanti delle reti viventi sono: alti livelli di ridondanza (più copie di una componente) e vicarianza (più percorsi che giungono allo stesso risultato): caratteristiche che aumentano la ‘robustezza’ della rete, rendendola plastica e quindi resiliente.
 
Le interazioni tra le varie componenti non sono prevedibili a priori poiché non-lineari: un cambiamento in un punto provoca un cambiamento in un’area più o meno vasta.
Tutto questo indica che la vita non evolve ma co-evolve: cambia in modo correlato e ‘concertato’. Le interazioni sono reciproche: tutte le parti sono attive, biotiche e abiotiche.
Quando ci dicono che mutare un gene significa mutare un gene, in verità omettono che la mutazione di un gene porta ad una variazione complessiva dell’organismo, non prevedibile.
La visione sistemica introduce ad una nuova immagine degli ecosistemi: non più la classica unione tra ambiente (selettivo) e organismi (selezionati), ma “rete circolare senza inizio né fine”(p. 74). La Terra, come aveva intuito Vernadskij, è un gigantesco ecosistema che cambia in modo concertato.

Conclude l’intervento di Buiatti una considerazione sulla specie Sapiens, una specie ‘generalista’, diffusasi in tutti gli ecosistemi, che li sta, sempre di più, piegando attivamente e forzatamente ai propri interessi: “la smania di ‘ottimizzare’ il mondo ai nostri fini lo sta deteriorando in modo sempre meno prevedibile” (p. 77). Non sembra ancora essersi diffusa l’idea che, nel mondo naturale, ‘nessun vivente è un’isola’.
È da questa consapevolezza che occorre partire per cercare nuove soluzioni agli urgenti problemi che ci si presentano innanzi.

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