L'ARROGANZA DICOTOMICA DEL PENSIERO

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di Giulio Sapori

Delle volte leggendo alcuni commenti, frasi, gruppi, mi giunge una profonda tristezza, è una tristezza che non riguarda tanto i contenuti ma la loro forma: dicotomica.
Mi prende sconforto nel veder ridotta la realtà, la ridondanza del reale, l'abbondanza della natura, a due semplici opzioni. Una giusta in sé, l'altra sbagliata in sé.
Invece di vedere i limiti, estremamente stretti, del nostro pensiero preferiamo mettere energie, normalmente negative, a denigrare, odiare, prendere in giro gruppi, persone, personaggi.
Pensare ai limiti del proprio pensiero aprirebbe uno spazio alla pietas, innanzitutto verso se stessi, animali finiti che si illudono di dominare, con la propria mente animale, il Mondo, facendolo a pezzi.
Riflettere su questi limiti cercherebbe di suturare quello squarcio osceno, troppo spesso sanguinolento, che il pensiero duale impone al reale. Dove finisco io e inizia l'aria che respiro? e il sole che mi riscalda? e la persona che mi guarda? e il cane che accarezzo? dov'è l’Io se non in questo flusso di relazioni consce e inconsce che mi formano più di quanto io formi loro?
Distinguere e schierarsi è giusto, ma troppo spesso ci schieriamo per non pensare. Meglio: per non vedere la nostra pochezza che con tanta energia difendiamo.


A mio parere la forma base del riduzionismo è quella attuata nel far nascere continuamente animali, cioè quel qualcosa, quel chi, che noi stessi siamo, considerati insiemi di parti che devono un po' crescere prima di essere violentemente separate. Dalla nascita, quell'animale diventa un 'non-morto-ammazzato'. Le informazioni innate, genetiche, le stesse contenute in tutti i viventi, manifesteranno in lui la volontà di vivere che però sarà immediatamente frustrata all’inverosimile, prendendo consapevolezza, soprattutto se mammifero, della trappola in cui si trova, una bruttissima trappola. Nessuna madre avrà ad accoglierlo, considerata essa stessa fabbrica di carne; nessuno vi sarà ad accudirlo poiché non è altro che carne in crescita. Un incubo micidiale da cui è quasi impossibile (l'homo è veramente sapiens nell'organizzare il Dominio) scappare.


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